Alla disposizione biologica delle relazioni interpersonali si aggiunge la cognizione attraverso l’operare dei cosiddetti schemi relazionali.
Gli schemi relazionali si riferiscono a rappresentazioni “generalizzate” e gerarchicamente organizzate circa se stessi e l’altro con cui ci si relaziona, in cui la rappresentazione di sé è intrinsecamente associata alla rappresentazione dell’altro.
Gli schemi relazionali si sviluppano a partire dall’infanzia come risultato dell’interazione tra la maturazione cognitiva e le esperienze relazionali soggettive, accumulate durante tutto lo sviluppo nelle interazioni con i genitori, con i fratelli, con i pari e con altri adulti (nonni, zii, insegnanti, ecc).
Sulla base della modalità con cui il genitore risponde ai bisogni del figlio, quest’ultimo genera delle aspettative precise riguardo alla disponibilità del genitore. Tali aspettative permettono al bambino di modulare i suoi comportamenti di attaccamento a quel genitore e sono alla base dei “modelli operativi interni”.
I modelli operativi interni non sono altro che schemi mentali organizzati gerarchicamente, costituiti dalle informazioni, sia di tipo affettivo che cognitivo, relative a sé e al mondo, che permettono di costruire sequenze complesse di comportamenti, sulla base delle previsioni effettuate.
Ogni bambino possiede dei modelli operativi interni circa le condizioni di disponibilità e di accessibilità dei suoi genitori e di come e quanto egli sia stato accettato o meno da essi.
I modelli operativi interni consentono di generare previsioni su come si comporterà il genitore quando il bambino avrà bisogno di lui, a seconda della disponibilità del genitore a fornire una qualche risposta al suo bisogno, ovvero della qualità della relazione di accudimento-attaccamento che il bambino ha sperimentato fino a quel momento con il proprio genitore.
Sulla base di tali previsioni sulle modalità relazionali ripetute e consolidate del genitore, il bambino inizierà a pensare e comportarsi stabilmente di conseguenza nelle relazioni nel corso dello sviluppo.
Man mano che l’individuo cresce, gli schemi relazionali si consolidano.
Sebbene gli schemi relazionali vengano continuamente rivisti e riadattati, attraverso l’assimilazione di nuove esperienze e l’accomodamento degli schemi a disposizione, tuttavia, tendono a persistere in maniera relativamente stabile fino all’età adulta e a riproporsi anche se ripetute prove ne dimostreranno l’inadeguatezza.
Altri schemi sono forniti dalla società, dalla cultura di appartenenza o dalla religione che si segue.
Una volta che gli schemi relazionali iniziali e le strategie interpersonali si sono costituiti, vanno a modellare la percezione e l’interpretazione di esperienze successive, dando luogo a distorsioni di conferma. L’individuo, infatti, tende a fare in modo selettivo esperienze compatibili con i suoi preconcetti, producendo distorsioni nell’interpretare le esperienze, così da confermare questi preconcetti.
In questo modo, gli schemi relazionali una volta strutturati finiscono col funzionare come profezie che si autoavverano. Essi spingono l’individuo a stabilire relazioni che siano compatibili con i propri modelli, al fine di cercare continue conferme ai propri schemi.
Il nostro sistema di credenza è come le fondamenta di una casa: sono nascoste alla vista, ma sorreggono l’intera struttura! In effetti ciò che noi vediamo non è mai la realtà, ma solo la nostra interpretazione della realtà. Gli schemi mentali che caratterizzano il nostro sistema di credenze:
1) modificano ed interpretano il vissuto di ogni esperienza che facciamo;
2) sono capaci, come detto, di creare sempre nuove esperienze che confermano gli assunti in cui crediamo.
Solo modificando questo filtro di percezione/creazione della realtà possiamo cambiare la realtà che andremo a sperimentare. Il problema è che, a livello profondo, siamo terrorizzati dall’idea di modificare i nostri schemi mentali ed è normale che sia così… tali schemi sono ciò con cui ci identifichiamo, cambiarli significa morire a ciò che siamo stati fino ad oggi e tutto sembra crollare in noi al solo pensiero di modificare tali assunti fondamentali. Eppure sono proprio loro i responsabili delle nostre sofferenze!
In un processo di consapevolezza è fondamentale operare per la messa in discussione dei nostri schemi comportamentali e quindi di come viviamo la vita. Tale messa in discussione inizia con l’osservazione dei comportamenti per valutare quali di essi siano disfunzionali arrecando così malessere in noi e magari non solo in noi, con la loro attuazione. Solo quando si prenderà coscienza dei condizionamenti che si muovono in noi possiamo iniziare il processo di destrutturazione prima e di ristrutturazione successiva con un nuovo schema più idoneo e meno conflittuale di quello che abbiamo osservato.
Dir. Scientifico I.B.I.
Roberto Fabbroni